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OLIVIERO TOSCANI - a cura di Luca Beatrice

   

OLIVIERO TOSCANI - a cura di Luca Beatrice

12 10 2024  09 02 2025

OLIVIERO TOSCANI    -    a cura di Luca Beatrice

Ha cambiato la storia della fotografia e rivoluzionato il sistema della comunicazione pubblicitaria. Due motivi più che sufficienti per considerare Oliviero Toscani una delle figure eminenti del nostro tempo. Lui non ama definirsi artista, la sua professione è quella del fotografo, ma bisognerebbe intenderci su cosa significa davvero il termine arte: se si tratta di frattura, rottura, invenzione, innovazione allora certamente Toscani è un artista, anzi un grande artista.
Per la prima volta a Pietrasanta, Flora Bigai arte contemporanea propone non un’antologica ma una raccolta, così come usavano i grandi del rock quando volevano ripercorrere nei dischi alcuni passi fondamentali della loro carriera.

Nato a Milano nel 1942, figlio d’arte (suo padre Fedele fu fotoreporter del “Corriere della sera” e a lui si devono scatti leggendari a piazzale Loreto e il ritratto di Indro Montanelli mentre scrive a macchina). La mostra comincia dagli inizi degli anni ’70, quando Oliviero Toscani era un giovane fotografo che scattava in bianco e nero ritratti incisivi e geniali, a “bassa fedeltà” eppure con uno spiccato senso della realtà. Per un certo periodo frequenta la Factory di Andy Warhol, cercando di stanare una persona timida e riservata, molto più a suo agio dietro la macchina fotografica che davanti. Del guru della Pop Art Toscani restituisce un’immagine diversa, persino normalizzata, casalinga. Anche Patti Smith, emergente sacerdotessa del punk, Lou Reed in versione black leather (e questa foto finirà sulla copertina dell’album live dell’ex Velvet Underground), Muhammad Alì, il leggendario pugile che Oliviero ha amato al punto da aver dato il suo nome a una figlia. Toscani in quegli stessi anni fotografa gli artisti nel loro studio: Man Ray, in una posa alquanto enigmatica, Jasper Johns e Robert Rauschenberg. In Italia scatta, tra gli altri, un bellissimo ritratto a Carmelo Bene.


Il passaggio alla foto pubblicitaria è testimoniato dall’immagine leggendaria del 1973, quando Toscani “inventa” per i nuovi jeans Jesus lo slogan “chi mi ama mi segua” che molto fece discutere all’epoca, peraltro piacque a Pier Paolo Pasolini che ne scrisse in prima pagina su “Corriere della sera”. Decisivo, nella carriera di Oliviero Toscani, l’incontro con Luciano Benetton. Insieme mettono a fuoco una strategia pubblicitaria mai vista: non si tratta di veicolare un prodotto, ma uno stile, un linguaggio, attraverso immagini che rappresentino perfettamente lo zeitgeist, lo spirito del tempo. Si parla di razzismo, inclusione, religione, sessualità, politica attraverso fotografie diventate leggendarie, affisse sui muri delle città, pubblicate sulle riviste, diventate parte integrante dell’immaginario collettivo. Entra prepotentemente il colore, lo sfondo è bianco, l’inquadratura frontale e lo scatto risulta indelebile, indimenticabile, come accade solo per le grandi opere d’arte. Nella sua autobiografia, Ne ho fatte di tutti i colori pubblicata due anni fa da La Nave di Teseo, Oliviero si autodefinisce un situazionista, e forse è davvero così. Specializzato anche nei ritratti, con il lungo ciclo Razza umana , ha fotografato le mutazioni dei nostri tempi attraverso la pelle delle persone, ecco in mostra due tra le pop star del presente, il beffardo Maurizio Cattelan colto nell’atto di un’ennesima fuga e i Maneskin, fenomeno rock a livello mondiale.


Si ringraziano Archivio Toscani, Susanna Cristanti, Nicolas Ballario.

Sabato 12 ottobre ore 18,30 

 


OLIVIERO TOSCANI - a cura di Luca Beatrice